Nella sfida stellare di domenica sera al Meazza gli ex saranno probabilmente solo nella metà campo nerazzurri: De Ketelaere e Pasalic. Dall’altra parte ci sarà Marco Sportiello, in panchina come dodicesimo di Maignan. Ma difficilmente ci sarà Mattia Caldara, l’altro ex, dimenticato dai tifosi rossoneri, ma non da quelli atalantini. Un ragazzo d’oro, bergamasco di Scanzorosciate, atalantino doc cresciuto nel vivaio e protagonista in prima squadra per tre anni e mezzo con 65 presenze e 10 gol nel biennio d’oro della sua parabola ascendente, tra il 2016 e il 2018, e altre 27 presenze tra il 2019 e 2021, nella sua precoce parabola discendente. Talento vero Caldara, fisico da corazziere, piedi buoni, testa da regista della difesa, pochi errori dietro e pure la dote di saper trovare la porta avversaria con discreta frequenza. Con il primo ciclo di Gasperini era diventato a soli 23 anni il miglior difensore centrale italiano. Poi la malasorte ha deciso diversamente per lui, tarpandogli le ali sul più bello. Promesso sposo alla Juventus dal gennaio 2017 con un’intelligente operazione di mercato dei Percassi, che lo avrebbe lasciato in prestito a Bergamo a maturare fino al giugno 2018, fino allo spartiacque della sua carriera. Toccata e fuga estiva in bianconero, subito dirottato in estate al Milan in una maxi operazione da 35 milioni insieme a Higuain, per riportare Bonucci alla Signora. L’affare sembrava averlo fatto il Diavolo, assicurandosi il 24enne difensore di Scanzorosciate, già convocato nell’Italia di Mancini con due presenze, invece Caldara in rossonero ha subito lo stesso incantesimo maligno che ha spezzato la carriera dell’amico e coetaneo ex nerazzurro Andrea Conti, con una catena interminabile di infortuni. Prima il tendine d’Achille. Poi il legamento crociato del ginocchio. Appena due presenze in rossonero negli anni di Gattuso tra Europa League e Coppa Italia, ma senza esordire in serie A. Nel gennaio 2020 il ritorno a Bergamo con un’altra operazione intelligente imbastita dalla dirigenza nerazzurra: un prestito secco di 18 mesi con il riscatto facoltativo a 15 milioni. Riscatto mai avvenuto perché la seconda avventura in prima squadra di Caldara ha avuto una parabola ascendente, con l’esordio in Champions contro il Valencia nei giorni in cui dilagava il Covid, fino alla partita dei quarti di finale di Lisbona con il Paris St Germain, giocando bene nell’afosa estate degli stadi chiusi, poi un’altra parabola discendente con un nuovo infortunio, e intervento chirurgico, al ginocchio a chiudere la sua cavalcata atalantina. Di nuovo al Milan ma senza fermarsi a Milanello, di nuovo in prestito in due situazioni difficili: due anni fa al Venezia, lo scorso anno allo Spezia, entrambe retrocesse dopo aver cambiato diversi allenatori. Non è facile salvarsi dal naufragio quando la squadra retrocede in B. Caldara è affondato prima in Laguna poi in Riviera, suo malgrado, finendo per non trovare squadra la scorsa estate, complice un ultimo anno di contratto con un ingaggio pesantissimo da Milan, impensabile per una provinciale. E appena tornato in rossonero il Diavolo ci ha messo lo zampino, con l’ennesimo infortunio, stavolta alla caviglia: fermo ai box da agosto a febbraio. Adesso sarebbe pronto, ma contro il Monza non è stato convocato e potrebbe non esserlo neppure contro l’Atalanta. A maggio Caldara compie 30 anni, a giugno andrà in scadenza contrattuale: il Milan non sembra intenzionato a dargli ancora fiducia, salvo infortuni difensivi a raffica non avrà opportunità. Del resto Pioli non lo ha mai allenato, di fatto. Poi in estate Caldara avrà un futuro tutto da scrivere, per l’ultima parte della carriera. Con tanti rimpianti legittimi: uno come lui senza la ‘mala suerte’ oggi guiderebbe la difesa della nazionale e avrebbe già in tasca il biglietto per gli Europei. Tanta tanta sfortuna, ma a Bergamo lo ricordano tutti con affetto e con la giusta riconoscenza per gli anni d’oro in maglia nerazzurra.
Mattia Caldara ha esordito in Champions con l’Atalanta nel 2020 (credits: atalanta.it)