Definire una operazione amarcord la stesura di un libro come “Una Dea senza tempo” sarebbe oltremodo riduttivo. A sentir parlare, prim’ancora di leggerne i capitoli, la dozzina di autori chiamati a eleggere e raccontare il proprio idolo atalantino, in un contesto che non poteva non essere la trattoria “da Giuliana”, si intuisce come le emozioni facciano da cornice a ricordi rimasti vivi, che si sia stati cronisti o spettatori. Nessuno, prima d’ora, aveva fatto nascere una formazione sentimentale. Ci ha provato, riuscendovi benissimo, un giornalista di razza come Pier Carlo Capozzi, il quale antepone sempre i valori a ogni altra considerazione che pura abbia peso e significato. L’elenco dei calciatori che hanno contribuito a rendere grande il mito Atalanta è lungo ed è una babele di lingue e dialetti, con prevalenza di quello bergamasco naturalmente. C’è un capitano dei tempi recenti, come Gianpaolo Bellini, che firma la prefazione e omaggia in presenza il capitano di sempre, il biondo Glenn Peter Stromberg, portato sull’Olimpo da Stefano Corsi e prodigo di aneddoti, molti dei quali legati alla sua esperienza con Emiliano Mondonico, allenatore per antonomasia secondo Elena Peracchi, forgiata sulla panchina del Baffo di Rivolta e abbracciata idealmente alla figlia Clara. Un gran signore il mitico Pierluigi Pizzaballa, che plaude alla scelta di Ildo Serantoni a favore di Bepi Casari, augurandosi tuttavia di essere rimesso in gioco al prossimo giro. Per un Franco Nodari, terzino sinistro che piace a Pier Carlo Capozzi, c’è un terzino destro che di nome fa Maurizio Codogno ed è uscito dalla mente-cuore di Leonardo Bloch. La mediana è terreno di Cesare Prandelli secondo Paolo Marabini, così come Roberto Pelucchi attribuisce il ruolo di antico stopper a Giovanni Vavassori. Quanto allo chansonnier orobico Luciano Ravasio, dopo avere omaggiato con una commovente canzone Piero Gardoni, richiamato da Paolo Aresi, torna nei panni di raccattapalle per omaggiare Angelo Domenghini. Sul fronte d’attacco troviamo Aldo Cantarutti, celebrato da Stefano Colnaghi, la classe di Marino Magrin descritta da Alberto Porfidia, e il profilo talentuoso e triste di Josip Ilicic, che Stefano Serpellini ha reso nella sua quintessenza con delicatezza impareggiabile.
Da sx: Gianpaolo Bellini, Marino Magrin, Pierluigi Pizzaballa, Clara Mondonico con alle spalle (nascosto) Maurizio Codogno, e Glenn Peter Stromberg (credits: Pernice Editori)