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Eventi 2 Ottobre 2025di Marco Enzo Venturini

La Sei Giorni rilancia Bergamo come culla dell’Enduro

Un successo di portata internazionale, che rappresenti soprattutto il trampolino per costruire un futuro ancora più solido e stabile per un intero movimento. Bergamo e la sua provincia si sono ritrovate a riflettere sulla Sei Giorni di Enduro che tra il 24 e il 29 agosto scorsi hanno posto il territorio orobico al centro dei riflettori del mondo intero. E la sintesi a cui si è arrivati è una soltanto: l’immenso orgoglio per i grandi risultati che l’evento ha raccolto si deve accompagnare a visione e programmazione, in modo da rendere in maniera ancora più concreta Bergamo una nuova culla dell’enduro.

L’occasione per discuterne è stato il convegno «Il futuro dell’Enduro», tenutosi il 2 ottobre all’Auditorium Ermanno Olmi su iniziativa di Lara Magoni, europarlamentare e delegata del CONI per la provincia di Bergamo. «I nostri italiani, che si sono laureati campioni del mondo alla Sei Giorni, mi hanno colpito per la loro umiltà. Ma la vera vittoria è questo sorriso», ha dichiarato la europarlamentare salutando Manolo Morettini, tra gli eroi di casa della Nazionale che ha trionfato al World Trophy. Poi, ampliando il discorso, ha introdotto i temi più caldi del convegno: «La burocrazia è più complessa di 10 anni fa. Accogliamo il grande successo di questo evento, che è nato come un sogno e tale è stato. La provincia di Bergamo può differenziarsi con i suoi territori per diventare il luogo dell’enduro, senza che ci siano problemi e anzi appassionando e coinvolgendo gli appassionati».

Un progetto sposato con grande trasporto dal prefetto Luca Rotondi («Ho scoperto che è un endurista», sono le parole con cui l’ha introdotto Lara Magoni). «Mi sono voluto occupare con grande attenzione della Sei Giorni di Enduro, perché in eventi del genere è necessario un ruolo di public solving che faccia da traino tra territorio e istituzioni – ha spiegato Rotondi – Ci siamo resi conto che organizzare grandi eventi richiede grande attenzione e conoscenza normativa, a partire dalla predisposizione del servizio di sicurezza che è più complessa di dieci anni fa. Ciò deriva anche dall’attenzione della popolazione, visto che l’Enduro deve conciliare la passione per i motori con altri temi, come il rispetto per l’ambiente. Sono serviti grandi sforzi, anche organizzativi, ma questo evento ha rilanciato l’immagine di Bergamo a livello mondiale». Da qui la chiara intenzione di rilanciare: «Il marchio Enduro è un’eccellenza di Bergamo, ed è importante immaginare fin da ora scenari in cui proporlo nel pieno rispetto delle normative, senza urtare sensibilità ed esigenze ambientali, ma anzi promuovendo l’eccellenza del territorio».

Intanto l’Enduro si è goduto una Sei Giorni che ha portato a Bergamo e provincia oltre 700 piloti da 33 Paesi e attirato 150mila spettatori, generando un impatto economico sul territorio che ha sforato i 5 milioni di euro. Profondissimo il coinvolgimento delle strutture alberghiere, delle attività commerciali, del circuito della filiera meccanico-motoristica. Il tutto in una cornice di grande impatto sociale, basata sulla condivisione di valori sportivi e agonistici, cooperazione, interazione, solidarietà e promozione di impegno sociale e civile.

«Già correre per la Nazionale è un’emozione unica, vincere è addirittura incredibile. Soprattutto è stato farlo a casa mia, ad Albino. Al Velodromo c’era tutta la gente che usciva dalle piante. Incredibile», ha commentato l’eroe di casa, Manolo Morettini. Viene invece da Cortona, in Toscana, l’altrettanto entusiasta Samuele Bernardini: «Tutti vogliono vincere, ma possono sempre sorgere problemi che te lo impediscono. Altre nazioni erano forti, ma una spinta non da poco ci è arrivata dal fatto che nelle speciali c’era davvero tanta gente. Mi dicevano della passione di Bergamo, e l’ho visto. Ora speriamo di vivere qui altri eventi». Ma che cosa serve realmente per portarli sulle strade orobiche?

La Sei Giorni di Enduro ha dimostrato che, volendo, si può. Lo si capisce chiaramente dalle parole del direttore di gara Paolo Buratti, di Marco Cornelli e di Valter Andreoli, uomini cardine della manifestazione e tutti provenienti dal Moto Club Bergamo: «Questo evento richiede una preparazione di quattro anni. Ma ci siamo riusciti con la collaborazione di tutti, con le istituzioni che ci hanno consentito di superare le difficoltà. Vogliamo trovare un equilibrio tra passione, percorribilità, sostenibilità e bellezza tecnica dei percorsi. Perché le prove speciali necessitano di logistica, sicurezza e accessibilità. Vorremmo quindi aprire un tavolo di confronto con le autorità per queste manifestazioni internazionali. Così sarà più facile per le organizzazioni proporle alle federazione, mentre le amministrazioni potranno verificare e nel caso modificare ciò che non va. E’ un obiettivo percorribile».

Da questo punto di vista sono diversi i sindaci intervenuti al convegno e che hanno offerto la propria disponibilità alla buona riuscita del progetto. Si parte dalla Val Brembana e da Piazzatorre, entrambe escluse dalla Sei Giorni soprattutto per questioni burocratiche in un territorio già in passato amico delle moto e in particolare del trial. Si passa poi da Clusone, dove si era parlato di un percorso permanente già tra il 2011 e il 2012 prima che il progetto si arenasse, per arrivare a Zandobbio dove una pista da motocross molto attiva negli anni ’80 è stata obbligatoriamente chiusa per problemi di rumore. Ci sono poi i Comuni più direttamente baciati dal grande evento agostano, come Albino e Ponte Nossa. Nel primo caso, il sindaco ha aperto alla possibilità di un percorso stabile che dovrà probabilmente evitare il Misma ma potrebbe attraversare la Trinità, nel secondo l’idea è di sfruttare un campo di calcio ormai inutilizzato a supporto della Scalvina. Un nuovo elemento attrattivo che può rendere il piccolo centro seriano una vera e propria «culla delle moto». Da Trescore Balneario e la comunità dei laghi, dell’Alto Sebino e della Valcavallina è infine arrivato un messaggio: partendo prima, si possono organizzare manifestazioni di questo calibro senza problemi. Con un’adeguata mappatura dei siti coinvolti, il quadro si può ulteriormente allargare per un contributo ancora maggiore. Utilissimo, peraltro, per la promozione territoriale e turistica delle valli orobiche.

Procedere si può, ma il tavolo deve trovare una quadra il prima possibile. Soprattutto per sfruttare un’onda lunga che ha ampiamente valicato i confini di Adda e Oglio, come sottolineato dal presidente del Moto Club Bergamo, Giuliano Piccinini: «Ho visto filmati sull’evento di Bergamo che stanno spopolando negli Stati Uniti e in Australia. Non ci aspettavamo una risonanza del genere. La Sei Giorni di Enduro è un ottimo punto di partenza, ma servono spazi per proporre la disciplina enduristica a tutto tondo».

Da questo punto di vista sia la provincia di Bergamo che la Regione Lombardia hanno risposto positivamente, tramite gli interventi rispettivamente di Marco Gaverini per la prima e di Michele Schiavi e Alberto Mazzoleni per la seconda. Ora cruciale diventa passare dalle parole ai fatti.

I partecipanti al convegno «Il futuro dell’Enduro», tenutosi il 2 ottobre all’Auditorium Ermanno Olmi della provincia di Bergamo