L’immagine straziante di ciclisti falciati sulle strade è diventata drammaticamente frequente. Ciò, nonostante l’impegno profuso per dedicare alla bicicletta piste riservate e corsie segnalate. Evidentemente non basta. L’ultimo a farne le spese non è un giovane, né un anziano, ma un ciclista di esperienza con trent’anni di professionismo alle spalle. Il 51enne Davide Rebellin, una leggenda di questo sport, vincitore in una volta sola delle tre classiche delle Ardenne, è rimasto vittima sulle strade di casa, nel vicentino, un mese e mezzo dopo aver disputato l’ultima corsa. Lungo le stesse strisce d’asfalto che lo hanno visto chiudere la gloriosa carriera, Rebellin ha incontrato un destino avverso. Travolto e ucciso da un camion, la sua bici accartocciata. Era accaduto nel 2017 a un’altra gloria del ciclismo, Michele Scarponi, deceduto nell’impatto con un furgone. In cinque anni tanta gente comune, che ha scelto la bicicletta come mezzo per brevi spostamenti o per fare sport, ha allungato il tragico elenco delle vittime della strada. Un tributo inaccettabile.
Davide Rebellin è stato travolto e ucciso da un mezzo pesante (credits: federciclismo.it)