Se l’Uefa decidesse di fare svolgere un torneo in cui ammettere le società che nelle ultime stagioni sono riuscite ad aumentare maggiormente la propria valutazione economica, all’Atalanta spetterebbe la testa di serie partendo dai sedicesimi. Pure ritrovandosi a confronto con club dalle capacità smisurate. Sta di fatto che dall’annata 2015-2016 ad oggi, l’Atalanta ha visto quadruplicare il proprio valore (arrivato ad oltre 600 milioni di euro), agganciando il trend positivo alla continuità di risultati che l’hanno fatta salire nel ranking continentale. Non sarebbero bastati, tuttavia, i soli risultati, culminati nella conquista della Europa League e nella quinta partecipazione alla Champions League negli ultimi sette anni, senza una gestione oculata, fatta di equilibrio e competenza. I conti sono sempre tornati, sia in entrata che in uscita, dando il giusto valore alle operazioni di mercato. E soprattutto dandone ufficialità solo dopo averle portate a termine. Ovvio che le trattative sono oggetto di notizia e che se ne parli seguendone l’evoluzione. Ma gli accenti posti dai soggetti interlocutori, o potenzialmente tali, non hanno mai influenzato la linea dettata dal ceo Luca Percassi con a fianco il ds Tony D’Amico. All’Atalanta maturano talenti, altri ne arrivano insieme a calciatori le cui caratteristiche si addicono alle metodologie di gioco dell’allenatore a cui è affidata la squadra. Che qualche big parta è nella logica delle cose, fatto salvo il valore che va riconosciuto, nella certezza che chi viene scelto per subentrargli possa fare altrettanto bene, crescendo e garantendo qualità.
Luca Percassi, amministratore delegato Atalanta, all’arrivo al Centro Sportivo Bortolotti nel giorno di inizio della preparazione estiva (Ph: Alberto Mariani)