Cesare Prandelli è un uomo di sport. Ma soprattutto è un galantuomo. Bresciano di Orzinuovi, ha costruito un ponte personale con Bergamo, approdando all’Atalanta, dove si è fatto apprezzare prima di vivere tante stagioni, una diversa dall’altra, tecnicamente e umanamente, compresa l’avventura sulla panchina azzurra. E’ stato lui, dopo la piazza d’onore a Euro 2012, l’ultimo ct a guidare la Nazionale nella fase finale di un campionato del mondo di calcio. Ne avrebbe tanti di inviti a essere ancora allenatore, in virtù della stima che si è guadagnato nella vita che lo ha messo a dura prova. Ma ha detto basta. Lo ha fatto capire chiaramente nell’intervista rilasciata a Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1. “La panchina che sto sognando è quella di un parco con i miei nipotini a godermi la vita con loro”. Prandelli è lontano dalle mode e dal mondo dei social, è rimasto fedele ai suoi valori, semplice e trasparente, segnato da circostanze dolorose. Orfano di padre a 15 anni, si è rimboccato le maniche ed è cresciuto, responsabilmente. Come se non bastasse, il male che colpì sua moglie e la scelta di starle accanto, lontano dal grande calcio e per questo motivo ricevendo attestati di stima a dismisura. Da calciatore, dopo gli esordi alla Cremonese, prima l’Atalanta e poi la Juventus; da allenatore gli inizi sempre a Bergamo, allievo del Mino Favini, fino alla Nazionale. Si è tolto la soddisfazione di accompagnare il Parma in Europa e riportare il Venezia nella massima serie. Sempre sposando i progetti di vita a quelli del campo. Ed eccolo, nel pieno della maturità e con tanta saggezza dentro, ricordarci che il futuro è adesso. Al calcio ha dato e dal calcio ha ricevuto.
Cesare Prandelli ha iniziato nel settore giovanile dell’Atalanta e ha guidato la Nazionale a Euro 2012 e Brasile 2014 (credits: figc.it)