Tecnica

Dialoghi al Var

3 Maggio 2022

Eugenio Sorrentino

Una volta che il 35esimo turno di serie A è stato completato, appare evidente come l’errore di comunicazione e/o interpretazione tra Var e arbitro di Spezia-Lazio, in occasione del gol del 3-4 convalidato a Francesco Acerbi, peserà irrimediabilmente sui piazzamenti che valgono l’accesso all’Europa League. In passato c’è stato ben altro, che ha inciso sull’assegnazione dello scudetto, ovvero palla dentro o fuori la linea di porta. Ma erano, per l’appunto, altri tempi, le immagini scorrevano in bianco e nero con i nastri filmati che avanzano e venivano riportati all’inizio dell’azione quasi manualmente. Oggi che la tecnologia la fa da padrona, c’è rimasta solo una cosa e sacrosanta: il regolamento. Che, erroneamente, non è stato applicato in quanto il giocatore laziale si trovava indubbiamente in posizione di fuorigioco. Più che errore tecnico, si è parlato di errore di comunicazione tra l’addetto al Var e l’arbitro, il quale non avrebbe atteso che il fermo immagine venisse valutato. Forse è il caso di valutare la dimensione psicologica in cui operano gli addetti al Var, da remoto e da spettatori. E quanto peso abbia la personalità e l’autorevolezza degli uni rispetto a chi è sul campo sul fronte del dialogo collaborativo. Il Var doveva essere la soluzione finale ai dubbi di interpretazione. Si sta rilevando un boomerang. Ne hanno fatto le spese un po’ tutti e l’Atalanta non poche volte, a cominciare dalla eliminazione subita in Coppa Italia con la Fiorentina, per un fuorigioco non rilevato, e dal gol che sarebbe valso il pareggio con i viola in campionato allo stadio Franchi. E la stessa Atalanta, pure al rallentatore, si ritrova a duellare con una squadra che in classifica ha incamerato due punti più del dovuto, la Lazio, nei confronti della quale, arrivando alla pari all’ultima giornata, potrebbe fare valere ipoteticamente la differenza reti.

Malinovskyi dialoga con l’arbitro a Firenze dopo l’episodio del gol annullato (Ph: A. Mariani)