Gustavo Daniel Villafane, argentino di Buenos Aires, classe 1982, è un campione unico al mondo. E non si tratta di un’esagerazione. Come lui, nel basket in carrozzina, non ce ne sono. Lui che con un braccio solo riesce a muovere la sedia a rotelle, a girarsi, a tirare a canestro. Con una media di una ventina di punti a partita, che lo pone tra i migliori realizzatori del Campionato italiano di Serie A. La SBS Montello Bergamo se lo è assicurato per quest’anno e il sudamericano sta ripagando la fiducia della società con prestazioni di livello assoluto. Quelle che del resto Gustavo aveva già mostrato con la maglia della Nazionale argentina, nella quale è uno dei trascinatori. Un incidente ferroviario, all’età di 9 anni, lo ha lasciato senza parte di entrambe le gambe e senza un braccio. Ma lui ha trovato la forza di ripartire dallo sport. Prima con il nuoto, poi con il grande amore della sua vita: la pallacanestro.
“Sono molto contento di essere approdato a Bergamo – spiega il 40enne sudamericano – anche perché qui ho trovato il mio amico Joel Gabas, con cui da anni condividiamo momenti importanti, sia nelle squadre di club che in Nazionale. Davide Carrara cercava un giocatore da inserire ed è stato proprio Joel a dargli il suggerimento di contattarmi. Ma tutti i miei compagni sono straordinari, mi hanno accolto alla grande. E la città è fantastica, davvero affascinante”.
Il campionato della SBS sta andando persino oltre le attese, con una salvezza già raggiunta e i play-off da giocare. “Stiamo disputando un ottimo campionato, non solo se guardiamo ai risultati, ma anche per il gioco che stiamo esprimendo. Con un po’ di fortuna avremmo anche potuto vincere un incontro in più, ma l’importante è che la squadra si stia comportando bene come collettivo, è questo che conta. L’obiettivo? Arrivare più in alto possibile. Per la mia carriera, invece, il traguardo che ancora mi pongo è quello di giocare le Paralimpiadi di Parigi 2024”.
Nostalgia del suo Paese, Gustavo ne ha, ma è legata agli affetti di famiglia. “Dell’Argentina mi mancano i miei figli: hanno otto anni, sono gemelli, si chiamano Lucas e Mateo e sono la gioia che porto sempre con me, ovunque vada. Per il resto a Bergamo non soffro tanto la mancanza del mio mondo, perché ho trovato gente accogliente e pure dell’ottima carne alla griglia…”. Villafane ha scoperto da poco che il presidente della SBS, Denis Bonetti, lo portava come esempio quando andava a parlare di sport e disabilità nelle scuole. “E per questo mi sento onorato, gli sono grato di aver preso proprio me come modello da presentare ai ragazzi. Non mi sento un esempio perché esserlo è sempre difficile, anche se voglio cercare di essere all’altezza delle aspettative. Io sono un uomo semplice, mi piace stare in casa, mi piace la vita di famiglia. Non sono portato per essere un esempio in senso assoluto, anche se nello sport qualcosa di buono penso di averlo fatto”.
Gli esordi nel nuoto, anche per completare la riabilitazione dopo l’incidente. Poi, l’arrivo della palla a spicchi quando era un teen-ager gli ha cambiato la vita. “Al basket sono arrivato tardi, quando avevo 16 anni, perché ovviamente per me non era semplice, visto che mi è rimasta solo una mano (sorride, ndr). Mi sono dovuto allenare davvero tanto anche solo per poter provare a giocare, prima ancora che per diventare un giocatore professionista. Quello che si vede oggi è il risultato di ore e ore di sacrifici, ore passate a lavorare senza poter uscire con gli amici, senza poter fare la vita di una persona con un lavoro normale. Ma era la mia passione, era quello che volevo”.
“Di triamputati che giocano a basket ce ne sono – prosegue Gustavo – ma tutti hanno anche almeno una parte del secondo braccio, che a me manca totalmente. Proprio per questo, all’inizio mi dissero che non potevo in nessun modo giocare a pallacanestro, ma io ho la testa dura e ho voluto provare. Adesso sono orgoglioso di vedere che qualcuno segue il mio percorso. Mi rende felice aver aperto un cammino che altri possono seguire”. Un cammino che resta difficile, quasi impossibile se non ci fosse stato Villafane a dimostrare il contrario. “Mi alleno tutti i giorni per due sessioni, mattina e pomeriggio. E quella buona mano che adesso posso vantare nel tiro è figlia proprio dell’allenamento intenso: ho passato anni a fare mille tiri al giorno, uno sforzo enorme. Oggi sono passato a 500, perché ho meno tempo per stare in campo… La mira c’è sempre stata, sì, ma il resto è lavoro, lavoro, lavoro”. Quel lavoro che rende fenomeni.
Villafane ha una media di 20 punti a partita (Ph: Danilo Scaccabarossi)