Il grande esempio di Giacinto Facchetti

Eugenio Sorrentino |

Il 18 luglio 1942 nasceva, a Treviglio, Giacinto Facchetti, in assoluto una bandiera dell’Inter diventata grande con Helenio Herrera e con la quale, vestendo sempre e solo la stella maglia nerazzurra, è sceso in campo 634 gol segnando pure da terzino sinistro 75 gol. Con l’Inter ha vinto 4 scudetti, 2 coppe dei campioni e 2 intercontinentali, e una coppa Italia. Facchetti è stato capitano della Nazionale dal 1966 al 1977, con cui ha giocato 94 partite segnando 3 reti, vincendo l’Europeo 1968 e disputando tre campionati del mondo, il secondo in Messico con la celeberrima Italia-Germania 4-3 e la finale persa con il Brasile di Pelè, il fuoriclasse al quale era legato da grande amicizia. Degli 80 che avrebbe compiuto, Facchetti ne ha vissuti 64. Andato via troppo presto, dopo essere stato per due anni, dal 2004 al 2006, dirigente della sua Inter. Facile da ricordare alle vecchie generazioni quanto difficile da descrivere alle nuove, Giacinto Facchetti ha rappresentato negli anni ’60 e ’70 l’evoluzione del concetto di giocatore, difensore esemplare capace di spingersi all’attacco e segnare gol importanti, dotato di stile ed eleganza in campo e fuori, un esempio di correttezza come pochi. Prova ne è che un altro gigante del calcio, come Franz Beckenbauer, ebbe a dire, ricevendo il Premio Fifa 2006 (l’anno della prematura scomparsa del grande terzino sinistro), di essersi ispirato a Facchetti. E’ noto che Helenio Herrera gli avesse regalato il quaderno con i suoi appunti di tattica. Appariva serio e austero, Giacinto Facchetti, il quale era di poche e sagge parole. A parlare per lui, da giocatore, la classe sublime. Fuori dal campo, l’atteggiamento umile, riservato e rispettoso. Un seminatore di virtù e buone maniere, con personalità e correttezza.

Giacinto Facchetti, bandiera dell’Inter e della Nazionale negli anni ’60 e ’70 (credits: Figc)

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