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Calcio 14 Ottobre 2025di Federica Sorrentino

Il nuovo inizio di Josip Ilicic con l’Atalanta nel cuore

Josip Ilicic si è aperto in un’intervista a La Gazzetta dello Sport dal “Bonifika” di Capodistria con la tranquillità di chi ha fatto pace con sé stesso. A 37 anni, il fantasista sloveno è tornato nel suo Paese, al Koper, per chiudere un cerchio cominciato molti anni fa tra sogni, cadute e rinascite. Dopo stagioni da protagonista in Serie A e un periodo difficile segnato dalla malattia e dalle voci sul suo conto, Ilicic oggi gioca per piacere, lontano dai riflettori ma vicino alle sue radici. È un uomo che non ha bisogno di grandi parole per raccontarsi. L’infanzia difficile in Bosnia, la perdita del padre quando aveva appena un anno e mezzo, una madre che gli ha insegnato a resistere: “Sono nato in Bosnia, ma non ricordo nulla. Mio padre è morto quando avevo un anno e mezzo. Sono cresciuto con mio fratello e mia madre, che mi ha insegnato a lottare. I miei colpi, il mio sinistro, sono nati per strada”. Il trasferimento al Palermo arrivò quasi per caso: “Il d.s. del Maribor mi chiamò in ufficio dopo la gara d’andata in Slovenia. ‘Ti abbiamo venduto’, disse. ‘Dove?’, chiesi io. ‘Non ti possiamo dire nulla’”. Il destino portò il suo mancino in Sicilia, dove ad accoglierlo c’era il presidente Maurizio Zamparini. “Era innamorato del mio calcio, come di quello di Pastore, di Miccoli… mi proteggeva”. Alla Fiorentina, il rapporto con la piazza fu complesso: “Mi dispiace dirlo, ma coi fiorentini ho chiuso. Mi hanno sempre criticato facendo leva su quanto fossi stato pagato, ma in quattro anni sono stato due volte il miglior marcatore e il miglior assistman”. Firenze gli ha lasciato cicatrici, ma anche affetto: “Ho ancora casa a Firenze, città top. Ogni tanto la mia famiglia ci va”.

La chiamata di Gasperini cambiò tutto. “Il giorno prima delle visite con la Sampdoria mi telefonò Gasp: ‘Vieni a giocare per me?’”. Da lì, nacque un rapporto profondo, fatto di fiducia, fatica e genialità. “Tra un allenamento e l’altro non riesci a dormire: le gambe pulsano, sei stanco, ti viene da vomitare. Ma ti entra nella testa come nessuno”. Con quella Dea Ilicic visse la stagione più straordinaria della sua vita. L’attacco con Gomez, Muriel e Pasalic stregò l’Europa. “Mi disse Paratici che avevamo l’attacco da scudetto. Cos’abbiamo fatto noi non l’ha fatto nessuno”. Due finali di Coppa Italia, gol storici come quelli di Anfield e di Valencia, dove il suo poker in Champions sembrava il preludio di un sogno infinito. Poi, la notte si spense. “In molti mi dicono: ‘Ma se non fosse successo ciò che è successo, il covid, la depressione e tutto, dove saresti arrivato?’ Non lo so, ma saremmo arrivati in finale di Champions”. La pandemia, la solitudine, i pensieri. Ilicic scompare dai radar, e il silenzio diventa un grido di dolore. “Non sapevo se sarei tornato a giocare, e quando sei chiuso in casa allora inizi a pensare. Sono stato 42 giorni a Bergamo senza la mia famiglia. Ho sofferto. I soldi, i contratti, non mi importava più di nulla”. Poi, le falsità. “Niente di più falso. Ma si può pensare che io avrei trovato mia moglie con un altro? Ha ricevuto insulti incredibili”. Quelle voci ferirono, ma Josip non parlò. Con Gasperini il legame resta indissolubile. “Non posso dimenticare ciò che ha fatto per me. Nel 2018 fui ricoverato per un’infezione. Avevo paura di non svegliarmi. Dopo una settimana mi disse: ‘Josip, alzati che dobbiamo giocare’. Gli risposi che non stavo in piedi. ‘Non mi interessa, stai in campo’. E a Valencia fu lo stesso”. Il mister lo considerava da Pallone d’Oro, e forse non aveva torto. “Ero in gran forma. Non so se fossi da Real Madrid, ma nel 2010, a Palermo, misi piede in palestra per la prima volta. Magari se l’avessi fatto già a 17 anni”. Il corpo, però, ha presentato il conto. “Colpa dei tendini. Il saliscendi col peso fu terribile. Non ero più come prima”. Rifiutò offerte importanti, perfino da Monchi per il Siviglia. Il ritorno in Slovenia, al Maribor prima e ora al Koper, è stato un cerchio che si chiude. Riguardo l’addio a Bergamo Ilicic ha dichiarato: “Ero triste, ma al tempo stesso felice di tornare a casa dopo 12 anni”. E quando nel 2024 tornò a vedere l’Atalanta contro il Real Madrid, capì di essere rimasto nel cuore della gente. “Pensavo che la gente si fosse dimenticata, e invece i tifosi cantavano. Me lo disse anche Modric: ‘Non giocavi, ma lo stadio era tutto per te’”.

Oggi Ilicic gioca per passione, solo per sé. Guarda indietro con gratitudine. Ha perso finali, ha vissuto l’inferno, ma ha ritrovato la pace. E, in fondo, anche un sorriso. “Ora gioco a casa mia”.

Il saluto di Josip Ilicic al pubblico dello stadio di Bergamo che lo applaudiva prima del calcio d’inizio di Atalanta-Real Madrid vedi Champions League disputata il 10 dicembre 2024 (Ph: A. Mariani)