Un anno dopo, si torna sul luogo che vide tutto cominciare. Ma da allora tanto, tantissimo è cambiato. Il Gran Premio di Miami del 5 maggio 2024 vide la prima vittoria in Formula 1 della carriera di Lando Norris, pilota che già all’epoca iniziava a portarsi con sé l’ingombrante peso di una reputazione da talento che aveva mancato svariate occasioni per sbocciare veramente. Quest’anno si torna a correre nello stesso tracciato domenica 4 maggio, e la McLaren ha compiuto da ogni punto di vista immensi passi in avanti. Ma paradossalmente non si può dire lo stesso per il suo pilota di punta di allora. Che, forse, nel frattempo non lo è più.
Da quella prima volta assoluta, Norris di Gran Premi di Formula 1 è arrivato a vincerne cinque. Non solo: nel frattempo la sua McLaren si è aggiudicata il mondiale costruttori 2024, ha iniziato l’attuale stagione da candidata numero uno al titolo e ovviamente il favorito d’obbligo all’iride è diventato in automatico il 25enne di Bristol. Che, rispetto al compagno Oscar Piastri, vanta un’esperienza maggiore, una conoscenza di più lunga data del team e dei circuiti che compongono il calendario, senza dimenticare il peso specifico che era stato in grado di costruirsi nel tempo all’interno dell’ambiente McLaren. Eppure questo sembra non bastare più.
I numeri raccontano infatti che il ben più giovane Piastri è riuscito a sua volta a vincere già 5 Gran Premi. Rispetto al compagno ci ha però messo appena 51 appuntamenti iridati per riuscirci (contro i 133 di Norris). Non solo: il suo stile di guida contemporaneamente più lucido e più aggressivo gli ha permesso di portarsi al momento in cima alla classifica del campionato, con la sensazione che in McLaren debba essere lui il cavallo su cui puntare in ottica mondiale. E tanti saluti alle vecchie «Papaya Rules», che nella scorsa stagione avevano di certo sfavorito proprio il rampante australiano.
Dinamiche vecchie come lo sport, certo, e che nella stessa F1 vantano non pochi precedenti: la giovane promessa che arriva in sordina in un grande team e fa le scarpe al compagno più affermato di lui. Il primo e forse più clamoroso caso fu quello di Denny Hulme, che nel 1967 ebbe l’ardire di laurearsi campione del mondo ai danni di Jack Brabham… su una Brabham: inutile dire che l’anno dopo fu appiedato dal suo compagno, nonché rivale, nonché titolare. Ma non dimentichiamoci che molti dei campioni più celebrati della storia erano in origine promettenti gregari o poco più: Niki Lauda di Clay Regazzoni, Nelson Piquet e Alain Prost dello stesso Lauda, Ayrton Senna dello stesso Prost, Michael Schumacher dello stesso Piquet. E poi Lewis Hamilton di Fernando Alonso e Charles Leclerc di Sebastian Vettel.
C’è però un aspetto che differenzia Norris da tutti questi grandi nomi: lui un campione affermato ancora non lo è. Ma per svariati motivi è riuscito negli anni a creare intorno a sé un’aura che nel frattempo è diventata il suo più grande nemico, anche nella percezione generale. Come dimenticare le stroncature nei confronti del compagno Daniel Ricciardo, che di fatto contribuirono ad accorciarne la carriera? O certe dichiarazioni sicuramente non da Englishman, rivolte – a seconda dei casi – a Mercedes, Red Bull, o a una Ferrari che nel 2020 pandemico divenne oggetto prediletto dei suoi sfottò nelle tante dirette su Twitch che lo scanzonato Lando amava concedersi?
Questo insieme di elementi sta contribuendo a smontare la fama di Norris prima ancora che i risultati gli permettano di scrivere per davvero il suo nome nella storia dell’automobilismo. E intanto ogni tentativo di toppa non sta facendo altro che squarciare sempre di più il buco. Così a Jeddah il team principal Andrea Stella ha parlato di «McLaren troppo veloce per dare il tempo di pensare, e Lando non lo accetta», mentre Zak Brown prefigura «scintille tra Piastri e Norris a cui siamo già preparati». Ma il diretto interessato ha nel frattempo denunciato una sua difficoltà emotiva, difficoltà tecniche che il compagno sembra non riscontrare, ha parlato di «livello simile a Mercedes, Red Bull e Ferrari» mentre l’altra McLaren dominava e infine ha parlato di «molte cose complicate che accadono dietro le quinte, che le persone non vedono e di cui non hanno la minima idea».
Insomma: il vero problema di Norris, nell’immaginario collettivo, è quello di rischiare di trasformarsi dal giovincello strafottente al veterano lamentoso saltando a pié pari la fase da pilota completo e vincente che tutti si aspettavano da lui. E proprio nel momento in cui la McLaren in cui ha sempre creduto (ricambiato) è divenuta l’auto da battere. Il tempo è ancora dalla sua parte, e di certo 25 anni sono troppo pochi per tramutarsi d’incanto nel nuovo «bollito» della griglia. Ma il momento di dare e darsi una scossa è giunto, anche perché Piastri non dà l’impressione di uno disposto ad aspettare nessuno. E deve essere Lando a costruirsi le sue stesse fortune, visto che in McLaren chi vince le gare con continuità c’è. E non a caso è in testa al mondiale. Ma, per colui che dal 2019 ha accompagnato ogni tappa della rinascita del team, quest’anno potrebbe rappresentare forse l’ultima occasione per restarne il fulcro del progetto anche negli anni a venire. Chissà che Miami non possa rappresentare l’occasione perfetta, un anno esatto dopo che tutto ebbe inizio.
Lando Norris e alle sue spalle Oscar Piastri, nei box McLaren sul circuito di Miami (photocredits: McLaren)