La Felice Gimondi ode al ciclismo

Eugenio Sorrentino |

Un tripudio di maglie, lingue, colori, raggiere. La Felice Gimondi rivive nello spirito del grande campione di Sedrina, riprendendo la tradizione dei lunghi plotoni lungo le strade delle valli a lui care. La 24esima edizione della Gran Fondo Internazionale, tornata dopo due anni di stop in conseguenza della pandemia, fa trionfare il ciclismo più genuino, quello legato alla passione e alla fatica. Si sono presentati in 3.500 sulla linea di partenza in via Marzabotto, tradizionale punto di riferimento della manifestazione insieme al quadrilatero del Lazzaretto. Sono arrivati da 25 Paesi, ovvero da cinque continenti, 17 regioni e 81 province italiane. Se non da tutto il mondo, poco ci manca, se parliamo delle nazioni più tradizionalmente legate al ciclismo agonistico. Naturalmente, belgi, svizzeri e tedeschi sono presenti in massa, come pure i fedelissimi, una ventina, che hanno risposto puntualmente all’appello dell’organizzatore Beppe Manenti dal 1996. C’è addirittura chi si è presentato con il proprio cane in grembo. I primi a completare il percorso quelli che hanno scelto il corto da 90 km, con 1,4 di dislivello; poi i pedalatori che ne hanno affrontato 129 con 2,1 di dislivello e infine i più resistenti che hanno scelto quelli che hanno scelto di stare in strada più a lungo, ma si sono dovuti accontentare di coprire 145 km invece dei previsti 162. Accorciamento dovuto alla necessità di aggirare uno smottamento che ha reso impraticabile un tratto di strada in Valle Imagna. Sorridono tutti, gli organizzatori con in testa Beppe Manenti, felice ed emozionata Norma Gimondi, sorride da lassù Felice Gimondi, il mito intramontabile. Ci teneva tanto, il grande campione, a mostrare la sua Bergamo e a farla conoscere nel mondo. Detto fatto. La Felice Gimondi è un’ode al ciclismo.

Il passaggio della Gran Fondo Internazionale Felice Gimondi Bianchi sulle strade della Val Seriana (credits: Maurizio Forchini)

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