“La mia Olimpia”: il leggendario Dan Peterson l’ha raccontata in 100 storie+1 insieme al giornalista de “La Gazzetta dello Sport” Umberto Zapelloni. E “il coach” ha presentato la sua ultima fatica letteraria in una gremitissima “Biblioteca dello Sport – Nerio Marabini” a Seriate (presenti anche il sindaco Gabriele Cortesi e l’Assessore allo Sport del Comune di Bergamo Marcella Messina oltre, tra gli altri, anche al mitico Franco Meneghel) che è giunta, in due anni e mezzo, al suo evento numero 45 e l’ha celebrato con il sold out. “Senza nulla togliere agli altri, questo è stato l’appuntamento per eccellenza”, ha detto in chiusura Paolo Marabini, il deus ex machina della struttura da lui fortemente voluta e intitolata al suo indimenticabile papà. Al resto, con Paolo Bartezzaghi nella veste di moderatore, ha pensato l’irrefrenabile Dan. Classe 1936, 89 anni compiuti il 9 gennaio e non sentirli. Per la verve, per il senso dell’umorismo e per la sua memoria. Per certi versi clamorosa (“ma non chiedetemi dove ho messo le chiavi della macchina”) quando fa emergere, in ogni situazione, minuto e punteggio di questa o di quella partita, in un appuntamento inaugurato dal suo inconfondibile “Amici sportivi e non, buonasera a tutti”. I (primi) nove anni a Milano (1978-1987), gli inizi con quattro sconfitte in altrettante finali fino al Grande Slam della stagione 1986-87 con scudetto. Coppa Italia e Coppa Campioni la cui svolta è stato ribaltare il -31 (67-98) subito in Grecia dall’Aris Salonicco: “Non ho parlato per una settimana, lasciavo fare al mio vice Franco Casalini (altro monumento dell’universo baskettaro): “Non volevo che i giocatori facessero calcoli perché sarebbe stato solo uno stress ulteriore. Basta recuperare un punto al minuto, avevo detto ai ragazzi. Così 14 nel primo tempo e 14 nel secondo, con Meneghin Mvp”. Dino, colonna portante con un altro mostro sacro quale Mike D’Antoni, il suo allenatore in campo: “Se il tuo miglior giocatore è anche il tuo più grande lavoratore, per un tecnico è tutto facile. Aveva un feeling unico con la partita. Abbiamo vinto lo scudetto, su suo consiglio, giocando uomo su uomo anziché 1-3-1 nonostante fossimo sotto a 3′ dalla sirena”. E le vittorie alla schedina? “Tre, due 13 e un 12. Il solo che rifiutava era Vittorio Gallinari (papà di Danilo ndr), notoriamente piuttosto attaccato ai soldi. Dicevano lo fossi anche io. Una volta ad Udine, in riscaldamento, i giocatori volavano letteralmente e allora ho chiesto cosa avessero. Mi è stato risposto che avevano appena fatto 13 al Totocalcio. Una volta mancava il decimo per chiudere il sistema, ho accettato e si è vinto…”. Peterson, fiume in piena, si sposta anche all’azzurro: “Nazionale? Me l’hanno offerta, nel 1987 appena lasciata Milano. In realtà mi hanno solo messo in condizioni di rifiutare. Cosi ho risposto di andare ad ingaggiare Sandro Gamba che non avrebbe rifiutato. E cosi è stato. Ma non c’è rammarico. E quell’approccio con il Milan? Durante una serata, con Maradona da un lato e Pelè dall’altro, arrivarono Bruno Bogarelli e Adriano Galliani. Mi volevano proporre come coach. Avevo detto che ne avrei parlato a fine annata con l’Olimpia. Loro invece avevano fretta e hanno scelto Sacchi. Ad Arrigo dico sempre, scherzando, che è stato molto fortunato”. E il ritorno a Milano nel 2011? “Non avevo dubbi su di me, ma sui giocatori di oggi. All’epoca eravamo un blocco unico, granitico. Con ragazzi che stavano 8-9 anni nella stessa squadra. Invece è diventato ed è sempre più un anno zero ad ogni stagione”. Impossibile non porre l’accento anche sul basket di oggi: “Visti i giocatori ed i tecnici della mia epoca, oggi avremmo “spaccato” la faccia ancora a tutti. Chi mancherebbe Premier? Chi prenderebbe un rimbalzo a Meneghin? Chi fermerebbe Mike D’Antoni, Bob McAdoo o Vittorio Gallinari?”. Poi il rapporto “difficile” con i pronostici: “Mia moglie Laura sostiene che le mie previsioni siano “il bacio della morte”. Per questa finale scudetto dico che Brescia ha il gioco più fluido, ma avrà il grosso problema di sbancare Bologna almeno una volta. Si potrebbe però andare a gara 5. E Beppe Poeta è un grandissimo allenatore mentre per la prima fase ho votato Paolo Galbiati di Trento. Come, tra i giocatori, tifo Flaccadori (bergamasco proprio di Seriate ndr), Polonara, Pajola, Tonut e Hackett”. E prima della chiusura, alla sua maniera con il “Mamma, butta la pasta”, ecco la spiegazione: “Bob Elson, il più grande radiocronista di baseball della storia, diceva ‘mamma, metti il caffé sulla stufa’ per indicare che ormai la partita era decisa. Io mi sono ispirato a lui e ho coniato: mamma, butta la pasta!”.
Dan Peterson durante la presentazione del libro “La mia Olimpia” alla Biblioteca dello Sport “Nerio Marabini” di Seriate (Ph: Pernice Editore)