C’è un tempo per ogni cosa, anche per tornare a casa. Per Alejandro “Papu” Gomez, quel tempo sembra essere arrivato. Dopo due anni lontano dal campo, squalificato per una sua ingenuità, il campione del mondo argentino si prepara a un nuovo inizio con il Padova. Ma, tra i sogni che accompagnano questo ritorno, ce n’è uno che va oltre il calcio: abbracciare Bergamo (“un abbraccio allo stadio come quello di Ilicic”).
A 37 anni, Gomez parla con l’entusiasmo di chi sta per esordire per la prima volta tra i professionisti. “Sono carico, ho tanta voglia. Per me è come un esordio, mi sento come un ragazzino”, racconta. La sua squalifica è finita e la firma con il Padova, arrivata in estate, gli ha restituito quella sensazione di appartenenza che solo il campo sa dare. Il tempo lontano dal pallone non è stato semplice. “La rabbia, nel tempo, si è trasformata in voglia”, confessa. L’occasione è arrivata in Veneto, dove ha trovato un progetto ambizioso e un ambiente carico di aspettative. “Voglio portare il Padova in Serie A” ha confessato. Il destino, in qualche modo, ha voluto che il suo nuovo allenatore, Vincenzo Andreoletti, fosse bergamasco. “Ci siamo conosciuti a Bergamo prima della firma – racconta il Papu -. È un vero bergamasco, gran lavoratore, bravo, presto sarà in A”. Una connessione simbolica, che lega il suo presente al passato orobico. Padova lo ha accolto con entusiasmo: la sua maglia è la più richiesta. Lui, però, vive la città con semplicità: “Mi puoi trovare in centro a fare una passeggiata o la spesa al supermercato”.
È impossibile parlare di Gomez senza parlare di Bergamo. Sei stagioni e mezza, oltre 250 presenze, una fascia da capitano che gli ha cucito addosso un’identità. Sotto la guida di Gian Piero Gasperini, è stato il simbolo di una squadra che ha cambiato la storia dell’Atalanta: l’Europa League, la Champions League, l’anno della pandemia e della favola sportiva più bella vissuta dalla città. L’addio, nel gennaio 2021, fu brusco. Ma il tempo, come spesso accade, ha lenito anche le ferite più profonde. “Bergamo mi ha sempre voluto bene. Quando c’è una lite tra due persone che hanno lasciato un segno, la gente deve scegliere ed è normale scegliere chi rimane. Ma io conosco l’affetto della città”. Da allora, il Papu non ha mai nascosto il desiderio di un saluto. “Io sono sempre disponibile, ma in questi due anni in cui ho vissuto a Bergamo non sono stato chiamato. Mi farebbe piacere”.
Oggi, Gomez è un uomo diverso. Non solo il fantasista, ma un atleta che ha attraversato momenti di solitudine e riflessione. “Ho saputo prendere le cose negative e cercare di trasformarle in positive. Mi sono sentito solo in alcune circostanze nonostante ci fosse la famiglia, molte persone sono sparite, quando sei campione ci sono tutti, nei momenti difficili non è sempre così. Ora cerco di vedere di più il lato positivo delle cose. Ho imparato anche a vivere il presente, un calciatore non deve vivere di passato o di futuro ma godersi il presente cercando di fare il massimo”. Fisicamente si sente pronto, anche se consapevole di dover ritrovare il ritmo: “Mi prendo cura del corpo in maniera maniacale. Ci vorrà un po’ di tempo per riadattarmi ai carichi di lavoro e alle partite”.
C’è qualcosa di poetico in questa fase della carriera del Papu: un ritorno in campo, una nuova sfida, e la speranza di un ultimo capitolo da vivere insieme a chi lo ha amato. “Sono stato cinque anni capitano, ho vissuto tutta quella meravigliosa cavalcata – dice con orgoglio –. Di sicuro, quando smetterò, porterò i miei figli allo stadio: Bautista è un super atalantino”. Forse il destino, prima o poi, lo riporterà sotto la Curva Nord per ricevere quel saluto mai avvenuto. Fino ad allora, continuerà a giocare e a sorridere.
Alejandro Gomez torna in campo con la maglia del Calcio Padova (credits: padovacalcio.it)