Pelé l’uomo che ha fatto amare il calcio

Eugenio Sorrentino |

Il fermo immagine dell’azione in cui Pelé sovrasta di testa Tarcisio Burgnich, segnando il gol d’apertura della finale di campionato del mondo 1970 all’Azteca di Città del Messico, riassume tutta la grandezza di un giocatore che ha segnato la storia del calcio. Dal suo avvento, il gioco del pallone non è stato più lo stesso. Pelé come Cassius Clay, alias Mohamed Alì sul ring. Il mondo intero ai piedi di un talento puro e inarrivabile, ammirato e raccontato come solo le leggende. Pelé integerrimo in campo e fuori, leale e consapevole di una gloria che non sarebbe cessata con il suo addio. Pelé figlio del calcio, atleta esemplare e fonte di classe inesauribile. Dice bene il Presidente della FIGC Gabriele Gravina, quando sottolinea che “anche grazie a lui, il calcio è diventato il gioco più amato e praticato in tutto il mondo. In lui milioni di persone si sono riconosciute in una bellissima storia di riscatto e di grande passione. La sua classe illuminerà per sempre i nostri occhi”. Il paragone con Maradona? Lui e il Pibe de Oro staranno ripassando le rispettive gesta con reciproca ammirazione. Ma O Rei rimane l’unico calciatore ad avere vinto tre Coppe del Mondo (nel 1958, 1962 e 1970), oltre a essere stato insignito dalla FIFA del Pallone d’Oro del secolo. Nel suo palmares numeri da capogiro, come il record di reti realizzate in carriera, 1281 in 1363 partite. Nato povero, il suo straordinario talento ha significato riscatto per una massa sconfinata di meno abbienti in quel Brasile dalle disuguaglianze macroscopiche. Non a caso, in occasione del suo millesimo gol in carriera, mentre veniva portato in trionfo chiedeva a gran voce di pensare ai bambini, ai meninos de rua, che vivevano in strada. Mentre Andrada, il portiere che subì quello storico gol, su calcio di rigore, ne avrebbe fatto un biglietto da visita per il resto della vita. Glielo aveva segnato O Rei, il più grande. All’anagrafe Edson Arantes do Nascimento. In arte, e che arte, Pelé.

Il gol segnato di testa da Pelè, che sopravanzò Burgnich nella finale di Messico 70

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