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Outdoor 8 Giugno 2025di Riccardo Bisti

Sinner a un centimetro dalla gloria a Parigi

Ce la ricorderemo tra dieci, venti, cinquant’anni. La finale del Roland Garros 2025 è ancora fresca, ma è già un “classic” nella storia del tennis. Non tanto per le cifre (5 ore e 29 minuti di battaglia e tre matchpoint annullati dal vincitore: a Parigi non era mai successo), ma per l’impressionante qualità messa in campo da Carlos Alcaraz e Jannik Sinner. Il tennis è uno sport tanto bello quanto crudele, perché non prevede il pareggio. In un mondo giusto, sul 6-6 al quinto set, non sarebbe stato sbagliato interrompere il match e consegnare a entrambi la Coppa dei Moschettieri. Le regole non lo prevedono, dunque l’albo d’oro (nell’anno del centenario dalla prima edizione del Roland Garros aperta ai non francesi) ci finisce il nome dello spagnolo. Vale la pena scrivere il punteggio perché è una fatica anche soltanto pronunciarlo: 4-6 6-7 6-4 7-6 7-6. Per fortuna, qualche anno fa è stato istituito il super tie-break nel quinto set, altrimenti chissà. Fa male, anzi, malissimo. Perché Sinner – al secondo torneo dopo la sospensione per la vicenda clostebol – ha mostrato un tennis clamoroso, impensabile, ricordandoci che il tennis è più forte dei suoi campioni. Da decenni, alla fine di ogni epoca, ci si domanda se la successiva saprà essere all’altezza. La storia ci insegna che il gioco ha sempre saputo sopravvivere a se stesso. Sinner e Alcaraz hanno raggiunto vette di qualità tennistica mai raggiunte dai loro precedessori. Verrebbe fa dire che non si può giocare a tennis tirando più forte di così, e senza sbagliare quasi mai. Per fortuna succederà, ma oggi Jannik e Carlos hanno confermato che la loro rivalità può diventare una delle più grandi di sempre. E poco importa – davvero – che lo spagnolo abbia vinto gli ultimi cinque precedenti (9-4 il bilancio complessivo): Jannik si prenderà le sue rivincite, magari già a Wimbledon, al via tra qualche settimana. Come è accaduto con i Big Three (Federer, Nadal e Djokovic), l’altoatesino e lo spagnolo si spingono costantemente al limite, con l’obiettivo costante di migliorarsi. E ci riescono, partita dopo partita. Il risultato viene quasi in secondo piano, per lo spettatore neutrale. Ma noi siamo italiani e non possiamo pensare che sia un dettaglio. E allora si parlerà all’infinito dei tre matchpoint sciupati da Jannik sul 5-3 al quarto, di cui uno con qualche colpa. È una delle ragioni per cui si ricorderà a lungo questa finale, eppure – paradossalmente – è ancora più clamoroso il punto vinto da Alcaraz sul 6-5 Sinner al quinto e 30-30. A due punti dalla vittoria, e con l’inerzia di nuovo favorevole, l’azzurro aveva tirato una risposta incredibile. Soltanto Alcaraz poteva salvarsi con un recupero in spaccata, un colpo da hockey su ghiaccio, che gli ha permesso di tenere vivo lo scambio e poi vincerlo. Il super tie-break finale, vinto 10-2 dallo spagnolo, è stato edificato da quel colpo. Oggi c’è delusione: lo sguardo distrutto di Jannik, i volti scuri del suo clan, le lacrime trattenute da mamma Siglinde. Ma è ancora giovane, è sempre il numero 1 del mondo (anzi, i bizzarri meccanismi del sistema di classifica gli permettono di incrementare il distacco su Alcaraz) e avrà la forza di riprendersi da questo dramma sportivo. La clamorosa forza interiore è tra le sue principali caratteristiche, adesso dovrà tirarla fuori. E continuare nel suo straordinario percorso: diventare il più forte sportivo italiano (non tennista, sportivo) di tutti i tempi. Il tempo è dalla sua parte.

Carlos Alcaraz e Jannik Sinner al termine della finale durata cinque ore e mezza (credits: FFT / Roland Garros)