Sono trascorsi cinque anni dalla sera del 16 agosto, quando le agenzie battevano la notizia della morte improvvisa di Felice Gimondi, avvenuta a Giardini Naxos. Notizia diventata subito lutto collettivo, per gli sportivi e per chi lo ha conosciuto, apprezzandone l’umanità e l’umiltà, ma anche per quanti ne avevano sentito raccontate le gesta. Quelli che vanno forte in bicicletta diventano eroi se hanno di fronte grandi avversari. Lui ebbe a confrontarsi con Eddy Merckx, il “Cannibale”, colui il quale in modo particolare cedette al dolore per la scomparsa del duellante amico. Felice Gimondi ha tramutato la celebrità in rispetto, ma per tutti resta il ciclista italiano che ha fatto la storia tra la metà degli anni sessanta e gli inizi della seconda metà degli anni ‘70. Dal Tour de France vinto trionfalmente da esordiente e outsider nel 1965, che ne ha fatto un campione ammirato oltralpe al pari di Coppi e Bartali, al terzo Giro d’Italia da veterano, passando per il campionato del mondo su strada a Barcellona nel 1973. Felice Gimondi ha vinto tutte le grandi corse, a tappe e in linea. Tempra, forza, stile, coraggio, il saper correre e dosare le forze. Un fulgido e inattaccabile esempio di ciclista completo, capace di fare un salto nella modernità tenendosi legato alla tradizione di uno sport duro, che richiede sacrifici e rinunce. Il suo rammarico era quello di non avere dedicato abbastanza tempo alla famiglia. Perché Felice Gimondi sapeva di essere amato dagli italiani, ma anche e soprattutto di essere un padre di famiglia. Campione di sport e di vita. Lo testimonia la figlia Norma Gimondi, che con la madre Tiziana e la sorella Federica porta avanti il ricordo del grande ciclista, padre e marito.
“In questi anni abbiamo capito quanto papà sia stata amato dai suoi tifosi sparsi in tutto il mondo – dice Norma Gimondi – ci sono decine e decine di aneddoti di vita comune legati alle vittorie ed alle sconfitte di papà ed al tifoso piace condividere con noi i suoi ricordi. Al ciclismo papà ha dato molto anzi ha dato il meglio di se: mi diceva sempre che era stato un uomo fortunato perché aveva potuto fare il lavoro che gli piaceva, per il quale si sentiva nato; era felice quando parlava della sua carriera ciclistica sia per i successi raggiunti ma soprattutto per la compiuta realizzazione raggiunta come uomo. Papà ha dato tutto per il ciclismo, ha sacrificato moltissimo (soprattutto la sua gioventù) ma ha anche raccolto grandi soddisfazioni e l’affetto della gente che ancora oggi lo ricorda. I tifosi si sono identificati con papà, l’hanno vissuto come un esempio di vita per caparbietà, onestà, lealtà, correttezza ed equilibrio: in fondo lo sportivo dovrebbe incarnare tutti questi valori ed essere d’esempio. Papà e’ riuscito in questo ed è per questo che ancora oggi è ricordato e spero possa essere d’esempio ai più giovani”.
Quest’anno, il 13 ottobre 2024, la Gran Fondo Lombardia celebrerò Felice Gimondi con un percorso di 109,5 km che include il Muro di Sormano e la Madonna del Ghisallo. Altre iniziative sono attese nel 2025, nel sessantesimo anniversario della vittoria al Tour de France. Di una cosa si può essere certi: non si finirà mai di parlare di Felice Gimondi.
Felice Gimondi, 143 vittoria in 14 anni da professionista (credits: bianchi.com)