“L’attività giovanile nella pallacanestro sta diventando un lusso legato alla passione di chi ci investe, ma è un gioco che a lungo andare è destinato a terminare senza le giuste tutele”. A lanciare l’allarme, con cognizione di causa, mettendo correttamente il dito nella piaga, è il presidente della BluOrobica Bergamo, Paolo Andreini, che, alla vigilia dell’inizio della nuova stagione 2025-26, ha voluto condividere una riflessione ad ampio raggio sul movimento cestistico italiano dopo un’estate di trionfi giovanili azzurri, che non porteranno però a tutele e vantaggi concreti per chi fa attività di base e costruisce i tanti giovani da cui poi emergono i pochissimi giocatori di alto livello della nostra pallacanestro di vertice. Con un paradosso tutto italiano: gli Under 21 faticano a trovare spazio non solo in A, ma anche in A2 e persino in B.
“Abbiamo assistito – spiega Andreini nella sua lunga analisi – ad un’estate di grandi risultati per il basket delle nazionali giovanili. Ciò porterà sicuramente grandi benefici a livello di interesse e speriamo di praticanti. Tuttavia proprio questi successi ci mostrano tutti i paradossi nei quali noi, che svolgiamo attività quasi esclusivamente giovanile, siamo costretti quotidianamente ad immergerci“.
Il primo: vinciamo un campionato europeo mettendo in mostra grandi talenti e bisogna pregare le squadre di A2 e di B Nazionale per far giocare questi ragazzi; nel resto d’Europa a 21 anni sono già quasi dei veterani.
Il secondo: bisogna costruire atleti di grande impatto fisico ma il sistema su cui si basa la partecipazione ai campionati d’Eccellenza prevede che si debba vincere già ai ivelli più bassi e, con gli atleti fisicamente futuribili, non si vince, lo si fa con i bambini coi baffi già pronti a 14 anni.
Il terzo: le società di serie A1 che hanno la partecipazione alle Eccellenze garantite sono le prime a reclutare gli atleti più pronti per vincere titoli giovanili invece che atleti futuribili da sviluppare nel tempo non avendo vincoli di vittoria per continuare il percorso giovanile.
Il quarto: oggi nella carriera di un atleta hanno più influenza gli agenti piuttosto che le società. Non basta offrire il meglio, perché se la tua agenzia deve piazzare Tizio spesso impone anche Caio e Sempronio, a prescindere che sia una scelta giusta per il loro futuro.
Ma mettere in piazza le magagne è facile è un po’ più difficile trovare le soluzioni. Una ad esempio potrebbe essere il concedere delle licenze quinquennali a chi dimostra di aver investito e di voler continuare a farlo nell’attività giovanile consentendo di lavorare senza obbligo di risultato su quegli atleti che ora non incidono ma al termine del percorso potrebbero farlo in modo molto più importante. Bisogna tutelare le società che investono perché i soli parametri Nas rappresentano una parte marginale dei budget necessari per condurre un’attività giovanile in modo serio ed è incomprensibile che gli investimenti su atleti stranieri generino introiti per la federazione che poi non vengono riversati sul mondo giovanile. Gli atleti stranieri alzano enormemente il livello fisico e tecnico dell’attività a cui partecipano gli atleti autoctoni. I vari premi Under concessi a chi fa giocare atleti U21 sono un invito esplicito a non fare attività giovanile, ma a beneficiare di quella che fanno le società di base. L’attività giovanile sta diventando un lusso legato alla passione di chi ci investe, ma è un gioco che a lungo andare è destinato a terminare senza le giuste tutele. Stiamo assistendo ad un esodo verso i college americani che impoverirà ulteriormente il Movimento. Va trovata una soluzione velocemente come va ampliata la possibilità di tesseramenti pluriennali per tutelare il lavoro delle società di base che sempre più sembrano dei territori di caccia senza alcuna regola”.
Paolo Andreini, presidente BluOrobica, con Marcella Messina, assessora allo sport Comune di Bergamo (credits: ufficio stampa BluOrobica)