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Eventi 10 Ottobre 2025di Marco Enzo Venturini

Il calcio dal business all’autogestione, tre casi virtuosi

Può il calcio, che negli ultimi anni e decenni si sta sempre più trasformando da sport popolare in business mondiale, rappresentare ancora un possibile modello futuro tra reti territoriali e la narrazione proposta dai media? Questa è la domanda a cui ha dato una risposta Emanuele Rinaldo Meschini, critico e storico dell’arte dell’Università di Bologna dopo aver conseguito un Dottorato in Storia delle Arti all’Università Ca’Foscari di Venezia. Lo ha fatto giovedì 9 ottobre intervenendo a Palazzo Bassi Rathgeb, a Bergamo, illustrando alcuni casi virtuosi di «calcio autogestito».

L’occasione è stata il IV Convegno dell’Academic Football Lab organizzato dall’Università degli Studi di Bergamo, che in questa edizione si occupa di «Calcio e futuro. Scenari, regole, linguaggi». Qui Meschini ha passato in rassegna alcuni casi provenienti da diversi angoli del mondo, in cui le comunità sono riuscite a ritrovare e canalizzare la funzione sociale e aggregativa del pallone tramite progetti di autogestione che hanno avuto grande successo e conseguenze tangibili. «Come ha affermato David Kennedy, il calcio e la sua mercificazione sono fenomeni distinti. E tramite il concetto di comunità e l’impegno sociale delle persone possono restare profondamente separati», ha spiegato.

«L’autogestione – ha aggiunto Meschini – non è solo una questione organizzativa, ma si manifesta con diversi immaginari collettivi. Il calcio, come oggetto culturale, è un campo dinamico, con una visione propria di autonomia, comunità, rapporto con la storia. Non va quindi inteso solo in senso fisico fisico, ma come un campo dinamico e simbolico che mette in relazione tra loro chi crea, i giocatori, chi ne fruisce, pubblico e tifosi, e il contesto sociale in cui si pratica. In questo senso rappresenta un atto politico, ma anche un’operazione culturale e narrativa».

Uno degli esempi in cui si è concretizzato questo concetto è avvenuto in Argentina. «La squadra del San Lorenzo de Almagro aveva il suo stadio nel quartiere Boedo di Buenos Aires, che però è stato espropriato durante la dittatura militare nel 1978. Al suo posto sarebbe dovuta sorgere un’autostrada, poi mai costruita, così è stato demolito per lasciare il posto al più grande supermercato della città. L’azionariato dei tifosi ha però permesso di porre rimedio a queste decisioni, grazie anche alla presidenza di Néstor Kirchner che riaprì un dibattito in tal senso. La riacquisizione dei terreni era partita già nel 1998, per poi dare spazio a una legge che ha permesso la riparazione storica e poi la ricostruzione storica. Il progetto dei sostenitori del San Lorenzo ha quindi permesso di riacquistare nel 2023 i terreni originari, per arrivare nel 2024 alla demolizione del supermercato. In questo caso, quindi, l’autogestione riguarda la storia raccontata e la sua riappropriazione. E la squadra oggi si amplia grazie alle sue origini».

Ancora più curioso quanto avvenuto a Manchester, per iniziativa di un gruppo di tifosi esausti dalla gestione dei Red Devils da parte della famiglia Glazer rea di aver dissolto lo spirito originario della squadra. «Avevano nel cuore il Manchester United, ma non lo riconoscevano più. Così, da quella che era nata come una semplice protesta, si sono staccati e nel 2005 hanno fondato lo United of Manchester o FC United. Si tratta di una comunità di tifosi dissidenti, presto arrivata a 2000 membri con il motto “Our Club, Our Rules”, ossia la società è nostra e le regole sono le nostre. I proprietari diventano tali tramite sottoscrizione e azionariato, hanno costruito un loro stadio e una squadra vera e propria, che si divide in quella maschile, quella femminile e le giovanili. Il tutto tenendo al centro il concetto di comunità, in contrapposizione al Manchester United che è inteso sempre più come club globale e non più radicato nel territorio. E infatti anche lo stadio si trova nella zona della città in cui avvenne la fondazione del Manchester United».

L’ultimo caso si trova molto più vicino, e addirittura esplora il concetto di «comunità inventate». Si tratta dell’AS Velasca, squadra di Milano inizialmente iscritta nel campionato amatoriale CSI e nel frattempo arrivata in Terza Categoria. «Ogni anno la loro immagine è affidata a un artista diverso, dalla promozione fino alla fantasia o le grafiche utilizzate per la divisa di gioco. Parliamo quindi di un progetto sì calcistico, ma in cui il calcio stesso è una componente quasi minoritaria. La AS Velasca gestisce tramite il calcio una propria immagine artistica, prima ancora che sportiva». Intanto, però, il campo dice che quest’anno sono ancora imbattuti e attualmente sono primi in campionato.

Le immagini dei calciatori dell’A.S.Velasca sono state affidate all’artista Emmanuel Mousett (credits: 75070 Emmanuel Mousset + Woorim Moon – credits: AS Velasca)