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L’epopea della Valanga Azzurra in un docufilm

16 Novembre 2024

Federica Sorrentino

Mezzo secolo fa gli sciatori azzurri entravano nella leggenda, dopo essere stati ribattezzati insieme “valanga azzurra”. Accadeva nel gennaio 1974, all’indomani dell’Epifania, quando nei primi cinque posti dello slalom di Coppa del mondo di sci alpino a Berchtesgaden si classificavano nell’ordine Gros, Thoeni, Stricker, Shmalzl e Pietrogiovanna. Proprio quella definizione, coniata dal giornalista Massimo Di Marco, ha dato il titolo al docufilm curato dal regista Giovanni Veronesi, proiettato nella serata di venerdì 15 novembre (con replica domenica 17 alle 16) al cinema teatro centrale di Leffe, alla presenza tra gli altri di Piero Gros, uno dei grandi protagonisti di quella straordinaria stagione, il quale vinse una coppa del mondo delle cinque inanellate dall’Italia tra il 1971 e il 1975 grazie al poker di Gustav Thoeni. Ritrovarsi a Leffe è stato anche un modo per celebrare la memoria di Fausto Radici, il campione della Val Gandino scomparso nel 2002, che fece parte dello straordinario gruppo azzurro guidato dal tecnico valtellinese Mario Cotelli, ottenendo due grandi successi: il primo a Garmisch nel gennaio 1976 e a Madonna di Campiglio nel dicembre dello stesso anno, salendo sul gradino più alto del podio completato da Gros e Thoeni. E’ questa una delle immagini più emblematiche consegnate alla storia dello sci azzurro. “La valanga azzurra” non è solo un documentario sportivo, ma anche il viaggio nei sogni di un bambino, nella fattispecie il regista Giovanni Veronesi e il suo passato di giovanissimo sciatore, che offre il ricordo di un’Italia in bianco e nero, genuina, che non c’è più. Furono le imprese di quei campioni a fare diventare l’Italia un popolo di sciatori. Gli sciatori della Valanga Azzurra erano tutti rivali, ma tutti amici. E la gente li considerava come una squadra di calcio. La conquista di cinque Coppe del Mondo e di numerose medaglie olimpiche e mondiali è anche la storia di rivalità interne, diversità caratteriali e sacrifici che hanno reso invincibile quella squadra. Un viaggio nella memoria di una stagione lunga e irripetibile, che riesce ad appassionare ancora oggi i giovani ai quali il film racconta “come eravamo”, calzando i moon boot e gli sci. 

L’immagine del podio dello slalom di Coppa del Mondo a Madonna di Campiglio nel dicembre 1976, vinto da Fausto Radici davanti a Piero Gros e Gustav Thoeni (photocredits: Bisti)